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quali sono le clausole di un contratto di franchising

Cos’è il franchising (dal punto di vista legale)? Quali sono le clausole più importanti di un contratto di franchising?

Articolo dell'Avv. Valerio Pandolfini

Il franchising è una delle tipologie contrattuali attualmente più utilizzate nella distribuzione commerciale di prodotti e servizi. Con il contratto di franchising un soggetto, che produce o rivende beni o offre servizi (affiliante, o franchisor), concede, verso corrispettivo, di entrare a far parte della propria catena di produzione o rivendita di beni o di offerta di servizi ad un altro soggetto, autonomo ed indipendente (affiliato, o franchisee), attribuendogli il diritto di utilizzare i propri segni distintivi e le proprie conoscenze (cd. know-how) e fornendogli vari servizi di formazione ed assistenza.

Il grande successo del franchising nel mondo si spiega con i vantaggi che tale formula presenta. Essa infatti consente, da un lato, alle imprese franchisor sviluppare e radicare la propria presenza sul mercato, valorizzando i propri prodotti e il proprio marchio e assicurandosi sbocchi più sicuri e continuativi rispetto a quelli ottenibili tramite i canali di distribuzione tradizionali e, nel contempo, meno costosi rispetto a quelli realizzabili attraverso una rete di propri punti di vendita diretti. Dall’altro, consente agli affiliati di usufruire delle opportunità di guadagno derivanti dall’inserimento in una rete distributiva già collaudata e dalla possibilità di utilizzare un marchio e un patrimonio di conoscenze ed esperienze imprenditoriali (know-how), che non avrebbero potuto raggiungere se non attraverso ingenti investimenti, riducendo i costi e i rischi insiti nell’avviamento di un’impresa del tutto autonoma.

Sotto il profilo giuridico, il franchising è una forma di integrazione commerciale di tipo contrattuale, tra imprese indipendenti tra loro; i franchisee esercitano un’attività d’impresa riproducendo localmente una determinata formula commerciale, sotto il coordinamento e la direzione del franchisor, il quale detta, sulla base del contratto di franchising, la politica commerciale e l'immagine, uniformi per tutta la rete.

Il contratto di franchising ha essenzialmente un presupposto: la messa a disposizione da parte del franchisor di un insieme di diritti (c.d. franchise package), avente ad oggetto:

  • segni distintivi (marchio);
  • know-how (cioè quel complesso di esperienze, informazioni, conoscenze, abilità operative maturate dal franchisor);
  • assistenza tecnica e commerciale.

Trattandosi di un contratto, la rete in franchising non gode di soggettività autonoma nei rapporti con i terzi; ciò significa che ciascun affiliato in franchising è esclusivamente responsabile nei confronti dei terzi, e che, conseguentemente, questi ultimi hanno azione soltanto nei confronti del singolo affiliato con il quale instaurano un rapporto contrattuale, e non già nei confronti degli altri affiliati facenti parte della rete o nei confronti dell’affiliante.

Il franchising è disciplinato dalla legge n. 129/2004, la quale tuttavia regolamenta quasi esclusivamente gli obblighi del franchisor nella fase precedente alla stipula del contratto, lasciando quindi il contenuto del contratto quasi interamente all’autonomia contrattuale. Sono dunque i singoli contratti di franchising che contengono gran parte della regolamentazione del rapporto tra le parti (diritti e obblighi). Poiché gli affiliati in franchising sono considerati giuridicamente come imprenditori commerciali (e non consumatori), le clausole contrattuali possono avere il più vario contenuto -  in quanto «liberamente» concordate dalle parti – con l’unico requisito della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie (art. 1341 c.c.),trattandosi di moduli standard redatti dal franchisor.

Nella prassi, i contratti di franchising (che sono generalmente predisposti dalle imprese in franchising in modo standardizzato ed uniforme) prevedono alcune clausole tipiche. Vediamo in sintesi le più importanti.

Esclusiva.

Una pattuizione spesso presente nei contratti di franchising è quella concernente l’esclusiva. La clausola di esclusiva obbliga uno o entrambi i contraenti (franchisor e franchisee) a non concludere con terzi contratti aventi oggetto determinate prestazioni (ad esempio, acquisto o vendita dei beni), all’interno di una determinata zona e per un certo tempo. Tuttavia l’esclusiva - a differenza di quanto accade in altri contratti, come ad esempio l’agenzia - non costituisce un elemento naturale del contratto di franchising, per cui il relativo patto entra a far parte del regolamento contrattuale solo se previsto espressamente dalle parti.

Patto di non concorrenza.

Poiché come si è visto il franchising si caratterizza essenzialmente per la trasmissione dal franchisor al franchisee di un complesso di facoltà e diritti (il c.d. franchise package), tra i quali principalmente il know-how, è’ quindi essenziale per il franchisor proteggere e tutelare tale patrimonio di informazioni. Ciò è possibile attraverso il patto di non concorrenza, che obbliga il franchisee a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, per un certo periodo di tempo. Tale patto può riferirsi sia al periodo in cui è vigente il contratto di franchising, sia a un periodo di tempo successivo al suo scioglimento. In questo secondo caso (patto di non concorrenza post contrattuale) vi sono alcuni limiti di validità a tutela della concorrenza, previsti dalla normativa comunitaria.

Durata e recesso

Il contratto di franchising può essere stipulato sia a tempo indeterminato (cioè senza un termine di scadenza) che a tempo determinato (cioè con la previsione di una determinata scadenza temporale, decorsa il quale il contratto cessa). Nella prassi, il contratto di franchising è generalmente stipulato a tempo determinato. La durata del contratto di franchising non è interamente rimessa alla libertà contrattuale delle parti. L'art. 3, 3° comma della L. 129/2004 prevede infatti che l’affiliante deve comunque garantire all’affiliato una durata minima sufficiente all’ammortamento dell’investimento e comunque non inferiore a tre anni. Se il contratto di franchising è stipulato a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può sempre recedere in qualsiasi momento, anche in mancanza di espressa clausola contrattuale, previo congruo preavviso. Nei contratti a tempo determinato – che rappresentano l’ipotesi più frequente nel franchising – invece, le parti non possono recedere liberamente, salvo che tale possibilità sia espressamente prevista nel contratto.

Entry fees e royalties.

Come tutti i contratti a titolo oneroso, anche nel franchising è previsto il pagamento di un corrispettivo da parte del franchisee al franchisor. Nella prassi, le principali forme di corrispettivo che l’affiliato si obbliga ad erogare all’affiliante per entrare a far parte della rete di distribuzione di quest’ultimo e/o per l’uso dei suoi segni distintivi sono: a) diritto di ingresso" (o entry fee) ovvero un importo che l’affiliato versa all’inizio del rapporto, e che è trova la sua giustificazione nell’avviamento di cui viene ad usufruire entrando nella rete e nelle spese sostenute dal franchisor per la sperimentazione della formula, la gestione della rete e la ricerca di nuovi affiliati; b) le royalties, ovvero un importo periodico che l’affiliato versa all’affiliante, e che a sua volta può essere calcolato in misura fissa o in percentuale sul fatturato sviluppato dal franchisee nel corso della sua attività.

Prezzi di acquisto

E’ frequente, soprattutto nei contratti di franchising di distribuzione di beni, che l'affiliato non versi all’affiliante royalties ma si obblighi all'acquisto di un quantitativo minimo di beni, ad un prezzo prestabilito, nel quale è incorporata la remunerazione dell'affiliante; in questo caso, l’affiliante viene remunerato attraverso il sovrapprezzo dei prodotti venduti all’affiliato (c.d. royalty occulta). Il franchisor può determinare liberamente – e quindi imporre all’affiliato – i prezzi di acquisto dei propri beni o servizi. Frequentemente il franchisor si riserva espressamente la possibilità di variare unilateralmente (di solito in aumento) i prezzi dei beni ceduti al franchisee, nel corso del contratto; tale previsione è legittima – ancorché vessatoria per l’affiliato, e quindi come tale bisognevole di essere espressamente accettata da quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1341-1342 c.c. – purché il franchisor non ne abusi, ad esempio aumentando improvvisamente e senza preavviso o ingiustificatamente i prezzi. Il franchisor non può invece, in linea generale, obbligare i franchisee a praticare un determinato prezzo minimo dei beni al pubblico (prezzo di rivendita imposto), anche in via indiretta (ad es. garantire sconti o rimborsi di costi promozionali a condizione che venga osservato un determinato livello di prezzo), né un prezzo fisso. Ciò è infatti vietato dalla normativa sulla concorrenza, sia nazionale che comunitaria.

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Studio Legale Pandolfini

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