Articolo di Massimo Barbieri
Che cos'hanno in comune grandi Brand come McDonald’s, Domino’s Pizza e Starbucks? Facile, direte: sono tutti e tre marchi statunitensi che poi si sono diffusi con successo al livello internazionale, anche in Italia. Corretto.
Inoltre, sono Brand con una presenza che è veramente globale: si pensi che McDonald’s ha ben più di 38.000 punti vendita (ed arrotondo per difetto) in tutto il pianeta, Domino’s Pizza è di poco sopra i 17.000 e Starbucks supera di gran lunga i 31.000: messi insieme, ben più di 86.000 locali, impressionante! Che siano success stories sono i numeri a dirlo.
Altro tratto comune: sono business model che funzionano bene, che creano valore, e ce lo conferma la capitalizzazione di borsa: nei giorni in cui scriviamo questo pezzo McDonald’s capitalizza 157 Milardi di US$, Domino’s Pizza 15 e Starbucks 100. I numeri, quindi, ci dicono che si tratta di modelli di business di successo.
Ma c’è un altro punto che accomuna i 3 marchi e non tutti lo conoscono, Tutti e tre sono stati sviluppati da leader che non sono i fondatori del Brand. La storia più nota è probabilmente quella di McDonald’s, resa nota al grande pubblico dal film (ben curato) “The founder”, con protagonista Michael Keaton nei panni di Ray Kroc, considerato “il fondatore” di McDonald’s. In realtà, tecnicamente non è così. McDonald’s, infatti, è stata creata – lo dice il nome stesso - dai fratelli McDonald’s. Che però non avevano intuito il potenziale di sviluppo della loro creatura, o forse erano semplicemente appagati dalle dimensioni raggiunte; Ray Kroc ed il suo Team hanno ingegnerizzato i processi (già molto ben impostati dai fratelli Dick e Mac McDonald – senza l’apostrofo!) ed hanno reso “scalabile” il format.
Domino’s Pizza è stata creata da Dominick DiVarti, che l’ha successivamente ceduta ai fratelli Tom e James Monaghan, che infatti l’hanno chiamata Domino’s Pizza per creare una affinità sonora ed una continuità col nome del fondatore che aveva loro venduto la piccola catena. Anche in questo caso, chi ha fondato la catena non è la persona che l’ha sviluppata.
Caso molto noto è anche quello di Starbucks: chi l’ha sviluppata è Howard Schultz. Non tutti sanno che Schultz era un dipendente di Starbucks, una piccola catena di Seattle fondata da Jerry Baldwin, Gordon Bowker e Zev Siegl. Schultz ne ha colto il potenziale e l’ha rilevata dai fondatori.
Questi tre famosissimi casi aziendali ci dimostrano una cosa: creare e sviluppare un Brand sono due mestieri distinti e non sempre chi crea un format è anche colui il quale lo svilupperà.
Per rendere scalabile, o replicabile, un marchio, occorre ingegnerizzarlo e per questo servono skills e tools particolari. Il Franchising – ecco il punto che vorrei evidenziare, visto il contesto in cui ci troviamo, cioè il Blog di Assofranchising – è molto spesso un modo sperimentato per sviluppare con successo le catene.
Affidarsi ad una catena che sviluppa in Franchising, soprattutto se l’attività di development è già bene avviata, significa che il Franchisee – a fronte della corresponsione di entry fee e royalties - beneficia dell’esperienza, delle skills, dei tools creati da Franchisor, tools sistemi organizzativi che probabilmente non sarebbe stato in grado di ideare da solo, e questo crea così la sinergia vincente che caratterizza il rapporto Franchisor – Franchisee di successo.