L’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha condotto un’analisi sui primi 300 retailer per fatturato presenti in Italia con negozi fisici, e – in collaborazione con Confesercenti – su un campione di circa 300 piccole e medie imprese del commercio al dettaglio italiane.
Da questa indagine è emerso che la quasi totalità dei primi 300 retailer tradizionali operanti in Italia utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre o post-vendita o per abilitare la vendita.
Più precisamente, il 96% dei retailer (era il 95% nel 2017) è presente sia online sia su mobile, mentre il 3% è presente solo online (era il 4% nel 2017).
Per quanto riguarda l’utilizzo dei canali digitali per vendere, il 75% (era il 68% nel 2017) ha un sito eCommerce e il 72% (era il 64% nel 2017) ha un’iniziativa di Mobile Commerce, attraverso App o sito ottimizzato.
Perché la comunicazione omnicanale è decisiva per le aziende del mondo retail e franchising?
I consumatori odierni sono sempre più connessi e il digitale è diventato un canale onnipresente nel customer journey.
Per i brand la sfida è riuscire a fare dialogare i vari canali tra loro, i touchpoint digitali con i touchpoint fisici, perché possano concorrere insieme a portare l’utente verso l’obiettivo finale della conversione.
Si tratta di costruire una strategia di comunicazione omnichannel, in cui i vari canali sono interconnessi tra loro e creino sinergie scambiandosi dati e insight, a favore di un piano di azione congiunto e coerente con il comportamento reale dell’utente, permettendo infinite customer journey ed evitando la cannibalizzazione tra i canali.
Qual è il ruolo dei dati e come può essere sfruttato?
I dati rappresentano quindi l’elemento fondante della strategia omnicanale, pensata come strategia data-driven.
I dati raccolti durante l’interazione degli utenti con i singoli touchpoint del customer journey vengono misurati in logica omnicanale, permettendo di avere una single view dell’utente.
Si tratta di dati di prima parte e di dati raccolti dall’attività di advertising e da quelle di search engine optimization (SEO).
Infatti, le aziende tendono a pensare che potrebbero ottenere ottimi risultati anche senza una strategia omnichannel, quindi potrebbero non riconoscere un vantaggio nel procedere con interventi in questo senso. Ma cambiare approccio per adottare l’omnichannel può supportare la crescita del business in maniera più rapida:
- Ottenendo più traffico dalle ricerche organiche da Google e da altri motori di ricerca.
- Attirando più potenziali clienti e aumentare le vendite.
- Ottenendo più visibilità nel mercato di riferimento più rapidamente ed economicamente.
È importante disporre di una infrastruttura di monitoraggio che sia in grado di mappare il comportamento dell’utente online e quello dell’utente offline e che deduplichi le diverse fonti dati per identificare l’utente in chiave univoca.
Dai dati raccolti si passa ad effettuare analisi quali-quantitative dei dati per rilevare insight utili alla definizione delle strategie omnichannel.
Le analisi quali-quantitative che vengono fatte anche attraverso attività di Conversion Rate Optimization (CRO) servono infatti per attivare strategie di marketing omnicanale volte a migliorare l’esperienza d’acquisto dell’utente on e offline. Grazie a questi insight è possibile personalizzare in modo efficace i messaggi sulla base del customer journey dell’utente o migliorare l’experience in-store.
Per chiarire una modalità di lavoro proficua può essere utile citare l’approccio DMAIC che fa parte della metodologia di management Six Sigma, il cui obiettivo è migliorare i processi di un’azienda per aumentare fatturato e ridurre costi.
Si tratta di un acronimo che sta per Define, Measure, Analyze, Improve e Control. È facilmente comprensibile come possa essere applicato ad una strategia di comunicazione Omni-Channel.
I primi 3 step sono fondamentali per definire e chiarire l’esperienza utente omnicanale, associargli i KPI idonei per misurarla e analizzare i relativi dati. I dati serviranno per stabilire priorità su impatto atteso, costi e semplicità di implementazione. A quel punto si può capire come impostare le strategie di miglioramento dell’esperienza utente, quindi delle strategie di marketing, passando alla fase di Improve e Control, in cui ad ogni elemento su cui si interviene dovrebbe essere fatto poi il controllo dei risultati raggiunti, confrontandoli anche con quelli attesi.
Siamo giunti probabilmente al punto in cui l’ottimizzazione del customer journey deve diventare prassi quotidiana, soprattutto per reggere a una competizione di mercato che ormai è estesa a praticamente in tutti i settori.
Come si trasforma una strategia in un piano di comunicazione concreto?
Il segreto per una comunicazione capace di distinguersi in un contesto saturo di messaggi e di fare la differenza nella vita delle persone è allo stesso tempo semplice e difficilissimo: bisogna essere un po’ ossessionati dal consumatore. Dai suoi sogni, dai suoi bisogni quotidiani, dalle sfide che affronta, dal suo stile di vita. Bisogna, in una parola, comprenderlo. E far scattare la scintilla tra le informazioni fondamentali che i dati ci mettono a disposizione e l’intuizione, maturata nell’esperienza, dei creativi.
Parlare di creative content strategy significa quindi parlare sia di “cosa” diciamo in ogni fase del customer journey, cioè il messaggio, sia di “come” lo diciamo: per questo è necessario un approccio “made to media”, che mostra una particolare attenzione alle opportunità offerte dai diversi touchpoint presenti nella strategia omnicanale, dalle piattaforme social, dalle logiche di influencer marketing e dalle innovazioni tecnologiche. Il 2019 potrebbe ad esempio rivelarsi un anno chiave per una piena integrazione dell’utilizzo della voce nei progetti di marketing.
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Articolo a cura del Gruppo DigiTouch