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Segreto commerciale e know-how nel franchising: recenti sviluppi

Con decreto legislativo n. 63 dell'11 maggio 2018 (entrato in vigore il 22 giugno 2018), l’Italia ha recepito la Direttiva UE 2016/943 dell’8 giugno 2016 sul segreto commerciale.

La maggior parte delle norme ivi previste erano già presenti nel nostro ordinamento - Codice della proprietà industriale - e da tempo si era anche già sviluppata un’ampia casistica giurisprudenziale in questa materia.

Nell’ambito del contratto di franchising, tali norme sono molto importanti, in quanto consentono alle parti, ed in particolare al franchisor, di proteggere non solo il proprio know-how in senso stretto, ma anche altre informazioni di carattere commerciale, contro un possibile accesso, utilizzo o divulgazione da parte del proprio franchisee, ex franchisee o dei suoi concorrenti.

In particolare, in applicazione delle disposizioni del CPI la tutela del franchisor non è limitata al “know-how” in senso stretto (tipicamente, le informazioni contenute nel manuale), ma si estende a tutti i segreti commerciali che, secondo la giurisprudenza italiana, possono includere anche i dati dei clienti (non quando configurati come semplice elenco di nomi e indirizzi, ma quando organizzati ed arricchiti di ulteriori informazioni specifiche, ad esempio in un CRM), le esperienze commerciali, le strategie di marketing, le ricerche di mercato, ecc.

Dal punto di vista del franchisor, l'ambito di protezione può includere l'uso o la divulgazione di segreti commerciali da parte del franchisee in violazione di un obbligo di riservatezza, o anche quando l'affiliato vada oltre i limiti dell’autorizzazione a lui concessa. Può anche includere l'acquisizione, l'uso o la divulgazione da parte di soggetti che abbiano ottenuto le informazioni da terzi, ma che sapevano o avrebbero dovuto sapere, alla luce delle circostanze, che tali segreti commerciali erano stati ottenuti direttamente o indirettamente da terzi che li utilizzavano o rivelavano illecitamente.

Tale protezione si estende anche alla produzione, all'offerta o alla commercializzazione di merci, o all'importazione, all'esportazione o lo stoccaggio delle stesse, qualora la loro progettazione, caratteristiche, funzione, produzione o commercializzazione beneficino in maniera significativa dei suddetti segreti commerciali acquisiti, utilizzati o rivelati illecitamente (v. art. 99 CPI).

Infine, la protezione è prevista anche nei confronti di persone che non sapevano né avrebbero dovuto sapere, in base alle circostanze, che il segreto commerciale fosse stato ottenuto da un'altra persona che stava utilizzando o divulgando illegittimamente il segreto commerciale, anche se – in tal caso - può essere limitata ad un equo indennizzo (v. art. 124 CPI).

In ogni caso, per ottenere tale protezione, il titolare del segreto commerciale deve dimostrare l'esistenza delle condizioni previste dall'articolo 98 del CPI, ossia che:

  • le informazioni sono segrete, cioè non sono generalmente note o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del settore;
  • l'informazione ha un valore economico: inteso dalla giurisprudenza come "vantaggio competitivo" e non come "valore di mercato";
  • le informazioni sono soggette a misure adeguate a mantenerle segrete da parte del titolare (secondo la giurisprudenza, tali condizioni si riferiscono ad obblighi di riservatezza, accesso limitato a persone selezionate, sistemi informatici protetti da password, ecc.)

Infine, naturalmente, la protezione del CPI comprende tutti i rimedi tipici della proprietà intellettuale (specifici mezzi probatori, misure protettive e correttive, disposizioni specifiche sul risarcimento dei danni, restituzione dei profitti dell'autore della violazione) e trova inoltre applicazione una specifica tutela penale (artt. 623 e 388 del codice penale).

Nei prossimi articoli vedremo meglio l'interpretazione del know-how nella legge 129/2004 ed alcuni casi e sentenze specifiche

Avv. Silvia Bortolotti - Studio legale Bortolotti, Mathis & associati -Torino

 

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